martedì 12 maggio 2015

Un dibattito... serrato

Se avete tempo, pazienza e voglia, potete seguire questa vicenda epistolare: sull'ultimo Venerdì di Repubblica, nella rubrica di Michele Serra, appare una lettera di un professore, Marco Andreoli, il cui tono e i cui contenuti non mi piacciono. Allora, prendo e scrivo a...Michele Serra, il quale mi risponde...
Pubblico, di seguito, lo scambio tra me e Serra: inutile dire che il mio scritto è lungo dieci volte quello di Serra. Non fate mancare i vostri commenti.

La mia email

Se da diversi mesi - ormai quasi anni - non compro più Repubblica - che pure è stato il giornale della mia formazione politica, ci sono dei motivi, ce ne sono tanti. Uno di questi, caro Serra, è la sua presenza (diventata petulante, saccente, a volte deprimente) e delle sue rubriche. Forse, semplicemente, il troppo stroppia: avere una rubrica giornaliera su un grande quotidiano è qualcosa di alienante, di impossibile da gestire seriamente, anche in un Paese come il nostro, in cui ogni giorno ne succedono di tutti i colori. Dover leggere - anche dopo accurato filtro di segreteria - le lettere dei lettori e dovere rispondere ad almeno una di esse - essendosi dovuti informare un minimo, ma proprio un minimo, sul problema posto all'attenzione - è stressante oltre misura. Non voler rinunciare all'ambizione di essere anche romanzieri e autori televisivi può avere i suoi svantaggi. Nel frattempo, ahimé, la vecchiaia avanza, il disincanto cresce, il confronto con gli altri si fa sempre più difficile. E si pensano pensieri opachi e si scrive di conseguenza, specie se si appartiene al genere maschile. Ritenendo proprio dovere essere equanimi nel giudizio, equilibristi a tutti i costi, inevitabilmente, si scivola nel conformismo, nell'ignavia e nel qualunquismo: è quanto da lei dimostrato nella risposta alla lettera di Marco Andreoli apparsa sul Venerdì di questa settimana. A proposito, la mia prima osservazione cade proprio sul fatto che lei l'abbia scelta tra le - suppongo - tantissime che le sono pervenute sull'argomento. Ma andiamo al merito, al suo contenuto. Chi scrive sembra non essere mai stato veramente in una scuola, non aver mai fatto l'insegnante. Dice che molti insegnanti hanno smesso di studiare e di informarsi, che si sono sentiti al di sopra di ogni giudizio, che hanno sempre rifiutato ogni tipo di valutazione: È bene sapere che gli insegnanti sono giornalmente, attimo per attimo, a volte anche ferocemente, valutati da studenti, colleghi, famiglie, dirigenti! E che quel giudizio, che incide sulla dignità della persona, conta molto più dei probabili futili controlli che arriveranno dal Ministero, anche attraverso l'Invalsi. E, ancora, dice che gli insegnanti vorrebbero solo i benefici dei colleghi europei senza però assumerne le responsabilità corrispondenti. Ma, chiedo, costui dove è vissuto? In quale scuola insegna, qual è il suo percorso, cosa legge, che persone frequenta, che film vede? La realtà della scuola e degli insegnanti è ben altra: è quella di chi ogni giorno rimette - per forza, anche se non lo volesse - in discussione il proprio "sapere", di chi è costretto all'autocritica (altro che rifiutarla); di chi si confronta con generazioni di giovani che si trasformano sempre più rapidamente, che rifiutano un rapporto "non paritario" pur avendo, inconsciamente, bisogno di autorevolezza quando non di autorità; di chi deve gestire i conflitti e il disagio - personale e famigliare insieme - che inevitabilmente i ragazzi e le ragazze riversano sugli adulti, cioè gli insegnanti (forse gli unici che pretendono ancora di porsi nei loro confronti come tali). Si può pensare tutto il male possibile della scuola pubblica e degli insegnanti, ma non si può dimenticare che costituiscono l'ultima frontiera di una società disgregata, l'ultima istituzione che cerca di tenere insieme le generazioni e i generi. Se la distruggiamo, non so cosa resterà.

Cordialmente,
Luigi Pedicone - Teramo

La risposta di Michele Serra

Gentile Pedicone, pubblicherò sul Venerdì del 22 maggio (primo numero utile) una serie di repliche al professor Andreoli. Tra le quali, purtroppo tagliata per ovvie ragioni di spazio, anche la sua. Quanto alle critiche che lei mi muove (conformismo, ignavia, qualunquismo), pazienza. Fanno parte del mio mestiere, e vanno messe nel conto.
Grazie della sua lettera

Michele Serra

La mia controreplica

Apprezzo molto che mi abbia risposto personalmente e soprattutto che abbia saputo incassare le critiche che le ho mosso. Potrà importarle o meno, avere rilevanza o meno per lei, ma per me costituisce davvero un buon segno e mi restituisce un po' di speranza. E di stima nei suoi confronti (bontà sua, dirà lei).
La ringrazio sinceramente per l'attenzione, anche a nome di tanti insegnanti che tentano di resistere nonostante tutto.
Luigi Pedicone

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti per la tua proverbiale sincerità nel criticare, sicuramente senza filtri e censure, sia nei confronti di Michele Serra, batostato nettamente, e sia per Andreoli. La risposta di Serra un pò mi sorprende poichè pare abbia incassato e portto a casa.
Ultima considerazione sul fatto che tutti siamo andati a scuola e tutti ci siamo fatti una opinione sui professori. Io credo, e vorrei tanto sbagliarmi, che i docenti seri e appassionati, a servizio della scuola ed alla formazione e educazione degli studenti siano purtoppo in minoranza.
El Jani

quellichevengono ha detto...

Vuoi dire che - "seri e appassionati" - sono in minoranza nella scuola come in tutti settori, tanto del Pubblico quanto del Privato (magari compresi i premi Nobel)? Ebbene, allora può anche essere che sia vero. Bisognerebbe chiedere all'ISTAT!

Marco Andreoli ha detto...


Buonasera. Mi chiamo Marco Andreoli e sono l'autore della lettera a Serra pubblicata sull'ultimo numero de "Il Venerdì".
Scrivo per rassicurarla, signor Pedicone, circa la mia appartenenza effettiva alla classe docente. Come immaginerà, anche la mia lettera ha subito tagli redazionali ed è forse per questo che risulta un po' più fredda e cinica del voluto. Il succo naturalmente non cambia.
Del resto è da giorni che sono costretto a difendermi da critiche (per lo più legittime) e da offese (ovviamente illegittime) da parte di un numero davvero impressionante di colleghi. Ma altrettanto impressionante è stata la quantità di lettere a supporto, di adesioni al mio discorso, di attestazioni di solidarietà ricevute da insegnanti che, magari, avranno voluto difendere il diritto di avere idee personali.

Comunque sia, nel mucchio di mail "pro" e "contro" c'era anche questa brevissima lettera. La copio qui. Perché, alla fine di questa settimana di rabbia e di povera guerra, mi sembra rappresenti davvero l'unica risposta possibile:

Buonasera professore, scusi la mia invadenza,ma ho letto la lettera che ha inviato al venerdì sulla responsabilità dei docenti e volevo ringraziarla. Sono una studentessa dell'ultimo anno di liceo classico e ho sofferto personalmente dei comportamenti e dell'incompetenza delle "mele marce". Non solo sono del tutto d'accordo con lei, ma le sono anche grata per aver espresso da insegnante ciò che noi studenti non possiamo dire e che comunque detto da noi verrebbe ignorato. Perciò grazie mille e ancora mille scuse per il disturbo.


Anonimo ha detto...

Le 'persone' serie e appassionate sono, purtroppo, la minoranza, qualunque lavoro svolgano.
Altrimenti il mondo sarebbe un posto migliore.

quellichevengono ha detto...

Meglio chiarire: la mia email a Michele Serra era indirizzata a Michele Serra, ai di lui lettori, agli altri insegnanti, ai lettori di Repubblica in genere, quotidiano con il quale ho uno "scontro" da tempo, come lo si può avere con un amico che ti ha tradito. Se avessi voluto scrivere a lei direttamente l'avrei fatto, avendo letto il suo indirizzo. Non so come abbia trovato il blog che ospita il suo commento che mi trovo a commentare, dal momento che è "riservato" a un gruppo ristrettissimo di persone e che ha per lo più uno stile goliardico. In ogni caso proverò a darle qualche risposta. Vede, ci sono momenti e contesti diversi e bisogna saper distinguere, ritengo. Contro il nazismo si potevano alleare anche Stati uniti e URSS. Non difendo la categoria degli insegnanti in generale né i sindacati o i sindacalisti, ma mi hanno insegnato che se c'è da boicottare qualcosa - e uso il termine non a caso, ma con riferimento a Erri De Luca, magari, "La parola contraria" - bisogna farlo con ogni mezzo, anche schierandosi con la Cgil, la Cisl e la Uil, se necessario. Quando il nemico è alle porte - e non c'è dubbio che il governo Renzi sia il nemico - va fermato, pena l'invasione, la sottomissione, la violenza e lo stupro. (Le sembrerò eccessivo e/o chissà che altro, ma quel che avviene sul piano del simbolico non è meno grave di ciò che accade sul piano del reale). Quanto alle "mele marce" cui fa riferimento la studentessa, purtroppo ce ne sono ovunque, ovvio. Anche tra i magistrati. Ma ciò non avrebbe mai legittimato ai miei occhi Berlusconi a parlar male della Magistratura. Le faccio una confidenza molto personale: mi hanno segnato le stragi che hanno coinvolto Rocco Chinnici, Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Le istituzioni vanno contestate anche molto duramente, ma non quando qualcuno le vuol distruggere per affermare la propria vanità di maschietto munito di pene: allora diventano un bene pubblico da salvare. Non le si possono lasciare in pasto al caudillo di turno, proprio no. Vale per la scuola, per la sanità, per la magistratura. Altrimenti di secoli di lotte resta solo il partito dell'Uomo qualunque. E per un insegnante ridursi a ciò è deleterio, innanzitutto per se stesso.
Spero di aver chiarito il mio pensiero. E felice di averla ospitata su questo sconosciuto blog.