venerdì 29 maggio 2015
mercoledì 27 maggio 2015
Strategia renziana
Nella satira di Crozza, un esempio di come Renzi riesce a mettere tutti contro tutti
martedì 26 maggio 2015
lunedì 25 maggio 2015
Il silenzio dei chierici
Pubblico un intervento di Marta Baiardi, conosciuta ai tempi gloriosi dell'Autoriforma della scuola.
Dopo l’intervento di Nadia Urbinati del 6 maggio scorso su La Repubblica, contrario alla Buona Scuola renziana nel suo nucleo centrale – scuola azienda che realizzerà compiutamente la privatizzazione della scuola pubblica – mi aspettavo, se non un profluvio, almeno qualche altra presa di posizione dei nostri intellettuali. Invece niente. Hanno disertato. Storia italiana antica: anche questa volta spicca dunque il silenzio dei chierici. Alla fine della fiera insegnanti, studenti e sindacati, tranne qualche lodevole mosca bianca, nel dibattito pubblico sulla riforma della scuola sono stati lasciati soli.
Dove sono i filosofi, i letterati, gli scrittori, gli storici, i sociologhi, gli scienziati? Che cosa pensano i nostri illustri accademici, seduti sulle loro cattedre? Un silenzio assordante ha circondato questa riforma, il che significa che il mondo della cultura italiano – tanto la cultura scientifica, come quella “umanista” (Renzi docet) – non ha nulla da dire su questo tema, centrale per il paese. Mi aspettavo che qualche brillante linguista analizzasse, che so, quante volte ricorrono le parole “cultura” o “alfabetizzazione” nel disegno di legge e in quale accezione compaiano. O che qualche sociologo ci illustrasse in che senso Renzi, occupandosi “soltanto” di organizzazione della scuola ne uccida il nucleo profondo, quello della Costituzione: promuovere il pieno sviluppo della persona umana, lo sviluppo della cultura e la ricerca, rimuovere gli ostacoli, sostenere il diritto allo studio. Studio, studio… si chiama studio quello che si dovrebbe fare a scuola.
Gli intellettuali ne dovrebbero sapere qualcosa… Si sono chiesti se la Buona Scuola lo ha a cuore? Hanno speso qualche ora del loro tempo per capire quali sono le vere priorità di questa riforma e quale lo scopo di quel linguaggio da marketing così caro al premier? Si sono chiesti quale posto occupi nel DdL l’alfabetizzazione di base degli studenti? Quale spazio ci sarà nella nuova scuola disegnata dal trio Renzi-Faraone-Giannini per costruire alfabeti forti: linguistico-matematico innanzitutto, proprio gli alfabeti dove i nostri ragazzi sono quasi sempre messi malissimo? Mi chiedo davvero come mai siano così mancate le analisi serie di questo testo renziano, come mai nessuno abbia tentato un confronto tematico e di stile fra la Buona Scuola del trio di governo e la LIP (Legge di iniziativa popolare) promossa dall’interno del mondo della scuola e caduta nel più totale oblio. Ma dove è finita la semiotica in questo paese?
Da tempo, si sa, la ricerca ha reciso ogni legame con la scuola, anche in sede istituzionale. Chi si ricorda più della libera docenza? La scuola ha stufato, troppo incasinata, si capisce poco. E poi l’esperienza autobiografica qui la fa da padrona: ognuno è stato a scuola e ognuno ha figli e nipoti che ci vanno. C’è sempre qualche maestro inadeguato da punire o qualche professore troppo severo che ha ferito il narcisismo familiare da ricordare con rabbia. E così assistiamo impotenti e muti alla campagna mediatica di Renzi. L’ultimo spettacolino, dismesse le slide, è il video davanti alla lavagna, tipo maestro Manzi. Seguono articolesse di colore su stampa e TV, che trasudano ampia ammirazione per le capacità comunicative del premier. Ma sul merito pochi si sono avventurati davvero e sempre con grande timidezza. I conti delle riforme della scuola arrivano dopo decenni, quando maturano le generazioni. Molti di noi non ci saranno più, ma porteremo tuttavia la responsabilità di questa devastazione ignorante.
Marta Baiardi
L’autrice è insegnante di scuola secondaria
Dopo l’intervento di Nadia Urbinati del 6 maggio scorso su La Repubblica, contrario alla Buona Scuola renziana nel suo nucleo centrale – scuola azienda che realizzerà compiutamente la privatizzazione della scuola pubblica – mi aspettavo, se non un profluvio, almeno qualche altra presa di posizione dei nostri intellettuali. Invece niente. Hanno disertato. Storia italiana antica: anche questa volta spicca dunque il silenzio dei chierici. Alla fine della fiera insegnanti, studenti e sindacati, tranne qualche lodevole mosca bianca, nel dibattito pubblico sulla riforma della scuola sono stati lasciati soli.
Dove sono i filosofi, i letterati, gli scrittori, gli storici, i sociologhi, gli scienziati? Che cosa pensano i nostri illustri accademici, seduti sulle loro cattedre? Un silenzio assordante ha circondato questa riforma, il che significa che il mondo della cultura italiano – tanto la cultura scientifica, come quella “umanista” (Renzi docet) – non ha nulla da dire su questo tema, centrale per il paese. Mi aspettavo che qualche brillante linguista analizzasse, che so, quante volte ricorrono le parole “cultura” o “alfabetizzazione” nel disegno di legge e in quale accezione compaiano. O che qualche sociologo ci illustrasse in che senso Renzi, occupandosi “soltanto” di organizzazione della scuola ne uccida il nucleo profondo, quello della Costituzione: promuovere il pieno sviluppo della persona umana, lo sviluppo della cultura e la ricerca, rimuovere gli ostacoli, sostenere il diritto allo studio. Studio, studio… si chiama studio quello che si dovrebbe fare a scuola.
Gli intellettuali ne dovrebbero sapere qualcosa… Si sono chiesti se la Buona Scuola lo ha a cuore? Hanno speso qualche ora del loro tempo per capire quali sono le vere priorità di questa riforma e quale lo scopo di quel linguaggio da marketing così caro al premier? Si sono chiesti quale posto occupi nel DdL l’alfabetizzazione di base degli studenti? Quale spazio ci sarà nella nuova scuola disegnata dal trio Renzi-Faraone-Giannini per costruire alfabeti forti: linguistico-matematico innanzitutto, proprio gli alfabeti dove i nostri ragazzi sono quasi sempre messi malissimo? Mi chiedo davvero come mai siano così mancate le analisi serie di questo testo renziano, come mai nessuno abbia tentato un confronto tematico e di stile fra la Buona Scuola del trio di governo e la LIP (Legge di iniziativa popolare) promossa dall’interno del mondo della scuola e caduta nel più totale oblio. Ma dove è finita la semiotica in questo paese?
Da tempo, si sa, la ricerca ha reciso ogni legame con la scuola, anche in sede istituzionale. Chi si ricorda più della libera docenza? La scuola ha stufato, troppo incasinata, si capisce poco. E poi l’esperienza autobiografica qui la fa da padrona: ognuno è stato a scuola e ognuno ha figli e nipoti che ci vanno. C’è sempre qualche maestro inadeguato da punire o qualche professore troppo severo che ha ferito il narcisismo familiare da ricordare con rabbia. E così assistiamo impotenti e muti alla campagna mediatica di Renzi. L’ultimo spettacolino, dismesse le slide, è il video davanti alla lavagna, tipo maestro Manzi. Seguono articolesse di colore su stampa e TV, che trasudano ampia ammirazione per le capacità comunicative del premier. Ma sul merito pochi si sono avventurati davvero e sempre con grande timidezza. I conti delle riforme della scuola arrivano dopo decenni, quando maturano le generazioni. Molti di noi non ci saranno più, ma porteremo tuttavia la responsabilità di questa devastazione ignorante.
Marta Baiardi
L’autrice è insegnante di scuola secondaria
sabato 23 maggio 2015
venerdì 22 maggio 2015
mercoledì 20 maggio 2015
Finding Sugar man
giovedì 14 maggio 2015
Umana pietà
Abbiate pietà di lui: purtroppo è nato nella patria di Dante, ma l'italiano non lo conosce. Voleva valorizzare la cultura umanistica, ma suscita solo umana pietà. Voleva fare il maestro Manzi in Non è mai troppo tardi, ma per lui sì, sarà sempre troppo tardi. Lucro finanze! (E chi azzecca l'anagramma sarà premiato).
mercoledì 13 maggio 2015
Doppio pesismo
Sulla scuola e sulla valutazione degli insegnanti, il procuratore
antimafia Gratteri è in grado di esprimere tranquillamente il proprio
parere, mentre sulle liste "inquinate" dalla criminalità mafiosa in
Campania, no. Strano, vero?
Tratto dal tg zero di Radio Capital del 12/05/2015.
martedì 12 maggio 2015
Un dibattito... serrato
Se avete tempo, pazienza e voglia, potete seguire questa vicenda epistolare: sull'ultimo Venerdì di Repubblica, nella rubrica di Michele Serra, appare una lettera di un professore, Marco Andreoli, il cui tono e i cui contenuti non mi piacciono. Allora, prendo e scrivo a...Michele Serra, il quale mi risponde...
Pubblico, di seguito, lo scambio tra me e Serra: inutile dire che il mio scritto è lungo dieci volte quello di Serra. Non fate mancare i vostri commenti.
La mia email
Se da diversi mesi - ormai quasi anni - non compro più Repubblica - che pure è stato il giornale della mia formazione politica, ci sono dei motivi, ce ne sono tanti. Uno di questi, caro Serra, è la sua presenza (diventata petulante, saccente, a volte deprimente) e delle sue rubriche. Forse, semplicemente, il troppo stroppia: avere una rubrica giornaliera su un grande quotidiano è qualcosa di alienante, di impossibile da gestire seriamente, anche in un Paese come il nostro, in cui ogni giorno ne succedono di tutti i colori. Dover leggere - anche dopo accurato filtro di segreteria - le lettere dei lettori e dovere rispondere ad almeno una di esse - essendosi dovuti informare un minimo, ma proprio un minimo, sul problema posto all'attenzione - è stressante oltre misura. Non voler rinunciare all'ambizione di essere anche romanzieri e autori televisivi può avere i suoi svantaggi. Nel frattempo, ahimé, la vecchiaia avanza, il disincanto cresce, il confronto con gli altri si fa sempre più difficile. E si pensano pensieri opachi e si scrive di conseguenza, specie se si appartiene al genere maschile. Ritenendo proprio dovere essere equanimi nel giudizio, equilibristi a tutti i costi, inevitabilmente, si scivola nel conformismo, nell'ignavia e nel qualunquismo: è quanto da lei dimostrato nella risposta alla lettera di Marco Andreoli apparsa sul Venerdì di questa settimana. A proposito, la mia prima osservazione cade proprio sul fatto che lei l'abbia scelta tra le - suppongo - tantissime che le sono pervenute sull'argomento. Ma andiamo al merito, al suo contenuto. Chi scrive sembra non essere mai stato veramente in una scuola, non aver mai fatto l'insegnante. Dice che molti insegnanti hanno smesso di studiare e di informarsi, che si sono sentiti al di sopra di ogni giudizio, che hanno sempre rifiutato ogni tipo di valutazione: È bene sapere che gli insegnanti sono giornalmente, attimo per attimo, a volte anche ferocemente, valutati da studenti, colleghi, famiglie, dirigenti! E che quel giudizio, che incide sulla dignità della persona, conta molto più dei probabili futili controlli che arriveranno dal Ministero, anche attraverso l'Invalsi. E, ancora, dice che gli insegnanti vorrebbero solo i benefici dei colleghi europei senza però assumerne le responsabilità corrispondenti. Ma, chiedo, costui dove è vissuto? In quale scuola insegna, qual è il suo percorso, cosa legge, che persone frequenta, che film vede? La realtà della scuola e degli insegnanti è ben altra: è quella di chi ogni giorno rimette - per forza, anche se non lo volesse - in discussione il proprio "sapere", di chi è costretto all'autocritica (altro che rifiutarla); di chi si confronta con generazioni di giovani che si trasformano sempre più rapidamente, che rifiutano un rapporto "non paritario" pur avendo, inconsciamente, bisogno di autorevolezza quando non di autorità; di chi deve gestire i conflitti e il disagio - personale e famigliare insieme - che inevitabilmente i ragazzi e le ragazze riversano sugli adulti, cioè gli insegnanti (forse gli unici che pretendono ancora di porsi nei loro confronti come tali). Si può pensare tutto il male possibile della scuola pubblica e degli insegnanti, ma non si può dimenticare che costituiscono l'ultima frontiera di una società disgregata, l'ultima istituzione che cerca di tenere insieme le generazioni e i generi. Se la distruggiamo, non so cosa resterà.
Cordialmente,
Luigi Pedicone - Teramo
La risposta di Michele Serra
Gentile Pedicone, pubblicherò sul Venerdì del 22 maggio (primo numero utile) una serie di repliche al professor Andreoli. Tra le quali, purtroppo tagliata per ovvie ragioni di spazio, anche la sua. Quanto alle critiche che lei mi muove (conformismo, ignavia, qualunquismo), pazienza. Fanno parte del mio mestiere, e vanno messe nel conto.
Grazie della sua lettera
Michele Serra
La mia controreplica
Luigi Pedicone
Pubblico, di seguito, lo scambio tra me e Serra: inutile dire che il mio scritto è lungo dieci volte quello di Serra. Non fate mancare i vostri commenti.
La mia email
Se da diversi mesi - ormai quasi anni - non compro più Repubblica - che pure è stato il giornale della mia formazione politica, ci sono dei motivi, ce ne sono tanti. Uno di questi, caro Serra, è la sua presenza (diventata petulante, saccente, a volte deprimente) e delle sue rubriche. Forse, semplicemente, il troppo stroppia: avere una rubrica giornaliera su un grande quotidiano è qualcosa di alienante, di impossibile da gestire seriamente, anche in un Paese come il nostro, in cui ogni giorno ne succedono di tutti i colori. Dover leggere - anche dopo accurato filtro di segreteria - le lettere dei lettori e dovere rispondere ad almeno una di esse - essendosi dovuti informare un minimo, ma proprio un minimo, sul problema posto all'attenzione - è stressante oltre misura. Non voler rinunciare all'ambizione di essere anche romanzieri e autori televisivi può avere i suoi svantaggi. Nel frattempo, ahimé, la vecchiaia avanza, il disincanto cresce, il confronto con gli altri si fa sempre più difficile. E si pensano pensieri opachi e si scrive di conseguenza, specie se si appartiene al genere maschile. Ritenendo proprio dovere essere equanimi nel giudizio, equilibristi a tutti i costi, inevitabilmente, si scivola nel conformismo, nell'ignavia e nel qualunquismo: è quanto da lei dimostrato nella risposta alla lettera di Marco Andreoli apparsa sul Venerdì di questa settimana. A proposito, la mia prima osservazione cade proprio sul fatto che lei l'abbia scelta tra le - suppongo - tantissime che le sono pervenute sull'argomento. Ma andiamo al merito, al suo contenuto. Chi scrive sembra non essere mai stato veramente in una scuola, non aver mai fatto l'insegnante. Dice che molti insegnanti hanno smesso di studiare e di informarsi, che si sono sentiti al di sopra di ogni giudizio, che hanno sempre rifiutato ogni tipo di valutazione: È bene sapere che gli insegnanti sono giornalmente, attimo per attimo, a volte anche ferocemente, valutati da studenti, colleghi, famiglie, dirigenti! E che quel giudizio, che incide sulla dignità della persona, conta molto più dei probabili futili controlli che arriveranno dal Ministero, anche attraverso l'Invalsi. E, ancora, dice che gli insegnanti vorrebbero solo i benefici dei colleghi europei senza però assumerne le responsabilità corrispondenti. Ma, chiedo, costui dove è vissuto? In quale scuola insegna, qual è il suo percorso, cosa legge, che persone frequenta, che film vede? La realtà della scuola e degli insegnanti è ben altra: è quella di chi ogni giorno rimette - per forza, anche se non lo volesse - in discussione il proprio "sapere", di chi è costretto all'autocritica (altro che rifiutarla); di chi si confronta con generazioni di giovani che si trasformano sempre più rapidamente, che rifiutano un rapporto "non paritario" pur avendo, inconsciamente, bisogno di autorevolezza quando non di autorità; di chi deve gestire i conflitti e il disagio - personale e famigliare insieme - che inevitabilmente i ragazzi e le ragazze riversano sugli adulti, cioè gli insegnanti (forse gli unici che pretendono ancora di porsi nei loro confronti come tali). Si può pensare tutto il male possibile della scuola pubblica e degli insegnanti, ma non si può dimenticare che costituiscono l'ultima frontiera di una società disgregata, l'ultima istituzione che cerca di tenere insieme le generazioni e i generi. Se la distruggiamo, non so cosa resterà.
Cordialmente,
Luigi Pedicone - Teramo
La risposta di Michele Serra
Gentile Pedicone, pubblicherò sul Venerdì del 22 maggio (primo numero utile) una serie di repliche al professor Andreoli. Tra le quali, purtroppo tagliata per ovvie ragioni di spazio, anche la sua. Quanto alle critiche che lei mi muove (conformismo, ignavia, qualunquismo), pazienza. Fanno parte del mio mestiere, e vanno messe nel conto.
Grazie della sua lettera
Michele Serra
La mia controreplica
Apprezzo molto che mi abbia risposto personalmente e soprattutto
che abbia saputo incassare le critiche che le ho mosso. Potrà importarle
o meno, avere rilevanza o meno per lei, ma per me costituisce davvero
un buon segno e mi restituisce un po' di speranza. E di stima nei suoi
confronti (bontà sua, dirà lei).
La ringrazio sinceramente per l'attenzione, anche a nome di tanti insegnanti che tentano di resistere nonostante tutto.Luigi Pedicone
sabato 9 maggio 2015
Ciprì & Maresco e il lato B
Oggi non poteva mancare un riferimento alla storica conquista della serie B da parte del Teramo. Ma lo faccio sempre tenendo conto del nostro particolare background CULturale. Orbene, sapete qual è l'anagramma di "Teramo in serie B"? Tromberei asine. Ho detto tutto.
La tomba e le trombe
So che a proposito di queste immagini dovrei tacere, date le mie attuali condizioni fisiche. Ma questa è una sequenza grandiosa, storica, simbolicamente rilevante. Anche se tardiva. Bella, plastica, da un punto di vista tecnico. Con la bellissima hostess bionda che non può trattenere un sorriso se non una risata. E lui che cade tra il manifesto "Uniti si vince" (era solo sul palco) e lo striscione di "Area popolare" (da calcio di rigore). Dietro un vaso di fiori (la tomba). Nemmeno nei fumetti di Max Bunker. Momenti indimenticabili. Grazie ex Cav. Grazie fotoreporter.
101 Anagrammi Zen - Salvini
I possibili anagrammi con Matteo Salvini?- a cura di 101 Anagrammi Zen
Vile? Sì, ma tanto!
'Sto maiale in tv
matteo salvini
Voti st'animale?
Via, smettila no?
Vile? Sì, ma tanto!
'Sto maiale in tv
matteo salvini
Voti st'animale?
Via, smettila no?
giovedì 7 maggio 2015
Non all'altezza
Durante la cena presso il ristorante Antichi Sapori di Montorio, El Jani ci ha mostrato con un certo orgoglio una foto nella quale è ritratto a fianco a Veronica Maya, la conduttrice tv che ha fatto "scandalo" per aver mostrato i seni in televisione. El Jani l'ha incontrata a Tortoreto durante una serata di gala, una di quelle alle quali lui non si sottrae. Ma lo scandalo, per noi di quelli che vengono, è stato un altro: sentire El Jani che, nel farci vedere la foto, diceva: «È molto alta». Il video in questo post (di El Muto) mostra proprio il momento in cui alcuni degli astanti dimostrano un certo scetticismo al riguardo. P.S.: però, adesso che ci penso: ma che cazzo ci stava a fare Gianni a quella serata del menga, con tanto di pochette nel taschino?
Veronica Maya e El Jani |
lunedì 4 maggio 2015
Rosso colore
Alla festa dell'Unità di Bologna non c'era solo il rosso (ormai sbiadito) delle bandiere del PD, ma anche quello del sangue di qualche studente che manifestava pacificamente il proprio dissenso nei confronti del nuovo spregiudicato caudillo.
Rolex e mazzate
Un appello a quelli che vengono... e che possono: considerato che, come si è visto, la polizia bastona solo quelli che non hanno il casco, non sono vestiti di nero, non hanno maschere, e soprattutto non portano un Rolex; considerato altresì che domani andrò a protestare a viso scoperto contro Faraone, Renzi, Giannini, & C., e che porterò la maglietta arancione di quelli chevengono; tutto ciò considerato, mi prestereste uno dei vostri pur preziosi Rolex (di Carlo)? Tanto che cosa vi costa? Magari potreste mettere insieme chi una ghiera, chi il quadrante, chi il cinturino così che io possa evitare di essere preso a manganellate...Fatemi sapere. Grazie in anticipo.
Nella foto il Rolex di Danilo andato in pezzi durante una gara di calcetto. |
domenica 3 maggio 2015
sabato 2 maggio 2015
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